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Rassegna 1

IL SOLE 24 ORE
Cassazione penale. La Corte ridisegna confini strettissimi per il giudicato cautelare
Contro il sequestro revoca o riesame
sab. 1 - Limiti strettissimi al «giudicato cautelare», che non si forma «implicitamente» se la difesa
non propone riesame e che viaggia su un binario diverso, e del tutto indipendente, dal percorso della
revoca del provvedimento.
La Terza sezione penale della Cassazione – sentenza 23641/13, depositata ieri – torna ancora una
volta sul tema del decreto di sequestro preventivo e dei suoi rimedi (ma il ragionamento è
estensibile a tutti i provvedimenti cautelari), riaprendo a nove anni dalla decisione delle Sezioni
unite il dibattito sulla natura della revoca e dei suoi rapporti con l'impugnazione "classica".
I giudici questa volta scelgono la linea più morbida per le difese, ribadendo che «quando si tratta di
contestare un sequestro, non esiste un "percorso obbligato" ma l'interessato può scegliere
liberamente tra revoca e riesame e, nel caso in cui opti per il primo dei citati rimedi, la richiesta di
revoca non incontra alcun "giudicato cautelare implicito"» originato dalla mancata proposizione del
riesame.
Su queste basi la Terza sezione ha restituito al tribunale di Pescara la vicenda relativa a
un'imbarcazione sequestrata tre anni fa nell'ambito di un'indagine su una associazione criminosa
finalizzata a una serie di reati finanziari; il fuoribordo era considerato schermato dall'interposizione
fittizia di un prestanome, e come tale finito sotto la scure dell'ingente sequestro preventivo
(un'ottantina di milioni di euro a fronte di un profitto contestato di sette volte inferiore, altro aspetto
peraltro censurato dalla Cassazione). Contro tale provvedimento la difesa aveva presentato istanza
di revoca – o in subordine di assegnazione in custodia giudiziale – subito però respinta dal Gup e
immediatamente appellata davanti al tribunale. I giudici, a loro volta, liquidavano l'ulteriore atto
della difesa scrivendo che i motivi presentati – in definitiva replicativi delle doglianze sulla carenza
dei presupposti della misura – sarebbero dovuti essere fatti valere secondo le modalità e nel rispetto
dei termini del codice, ma in sede di riesame. Una decisione, questa, che secondo la difesa
configurerebbe il riesame «come unico mezzo di gravame per i vizi genetici del provvedimento di
sequestro». Sul punto la Terza penale ha preso una posizione netta – e a favore dei difensori – pur
riconoscendo il perdurante conflitto giurisprudenziale sul tema.
Accanto alla soluzione di indipendenza dei percorsi tra riesame e revoca, infatti, la Corte dà atto
dell'esistenza dell'orientamento più restrittivo, secondo cui la revoca della misura cautelare reale è
ammissibile solo se sopravvenga un mutamento del quadro processuale dovuto a «fatti nuovi»,
perché altrimenti si potrebbero con facilità e senza limiti aggirare i termini stretti di impugnazione.
Il problema però, sottolinea la Terza, è che tra revoca e riesame corre una «profonda differenza
                ontologica», perché la prima non è un mezzo di impugnazione ordinario a differenza del secondo, e                ciò ne separa già dall'origine i percorsi. Inoltre, la stessa norma (articolo 321.3 del codice di
procedura penale) prevede la revoca «anche» per fatti sopravvenuti, dimostrando che i fatti nuovi
non sono il presupposto necessario per l'annullamento del decreto. Infine, la stessa Relazione
preliminare al codice dell'89 parla della revoca com «fenomeno estintivo che presuppone (...) una
valutazione ex ante (...) ed ex post».
Nel delimitare l'interazione tra i due rimedi la Corte non trascura di tracciare il perimetro stretto del
giudicato cautelare, sottolineando che più che di «giudicato» in quest'ambito si dovrebbe parlare di
una «preclusione endoprocessuale che impedisce la reiterazione di provvedimenti aventi lo stesso
oggetto». Da questo angolo visuale, quindi, l'effetto preclusivo si verifica «solo nel caso in cui siano
stati esperiti tutti i mezzi di impugnazione messi a disposizione dall'ordinamento e non anche nel
caso di mancata attivazione degli stessi». Quindi non è lecito parlare di «giudicato implicito» se la
parte ha scelto, per sue ragioni di strategia processuale, di non impugnare il provvedimento. Ciò non
impedisce, comunque, di attivare in qualsiasi momento la verifica di aspetti sostanziali del
provvedimento mediante la revoca, «sia con riguardo a possibili carenze nella valutazione della
sussistenza originaria dei presupposti necessari per la sua adozione, sia in relazione al
sopraggiungere di fatti nuovi modificativi della situazione presente al momento dell'emissione della
cautela». Alessandro Galimberti

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